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La cancellazione dall'albo degli avvocati è una misura disciplinare di fatto meno grave rispetto alla radiazione. 
Infatti non c'è un tempo minimo per essere riammessi.
L'importante è che il professionista abbia tenuto per un lungo periodo una condotta «specchiatissima e illibata». 
A mettere un po' d'ordine sul tema delle sanzioni disciplinariper gli avvocati sono state le Sezioni unite civili della Cassazione che, con la sentenza n.
11653/08, hanno ritenuto fondate le ragioni di ricorso di un professionista, cancellato dall'ordine. 
Cinque anni: è questo il periodo minimo che un avvocato radiato deve aspettare per essere riammesso. 
Diverso è invece il caso della cancellazione. 
La «sanzione disciplinare è meno grave», dice il collegio esteso, e quindi non esiste un limite
temporale per ricominciare a esercitare, tutto è legato al comportamento del professionista. 
«La norma relativa al decorso di un termine minimo per l'iscrizione all'albo», si legge nelle motivazioni, «dopo il provvedimento di radiazione non può trovare
applicazione, in via di estensione analogica, al caso della cancellazione: la diversità della sanzione considerata dalla legge come meno grave non consente di far riferimento alla stessa disciplina fissata per quella più grave, non esistendo alcuna ragione logica per ritenere che entrambe le fattispecie debbano essere regolate allo stesso modo». 

Ladecisione della Cassazione è importante nella misura in cui ha formalizzato una differenza fra le due misure disciplinari che i giuristi leggevano da tempo nella norma. 
Tanto più che le motivazioni sono particolarmente esplicative e hanno voluto abbattere qualunque
margine di dubbio enunciando un ben preciso principio di diritto: «Il disposto dell'art. 47 del r.d.l. n. 1578 del 1933, relativo al termine che deve decorrere dalla sanzione prima della reiscrizione, non trova applicazione per l'ipotesi di cancellazione dall'albo di cui all'art. 40 dello stesso provvedimento normativo, nel testo attualmente vigente. 

Indipendentemente dalla previsione di un termine minimo, la durata del tempo decorso dalla cancellazione può essere peraltro valutata ai fini dell'apprezzamento della sussistenza del requisito del
requisito della condotta ''specchiatissima e illibata''». Non solo. Nell'enunciare questo
nuovo approdo giurisprudenziale le Sezioni unite hanno anche rispolverato un altroimportante principio. E cioè che il Consiglio nazionale forense può «accertare e valutare autonomamente» il requisito della condotta impeccabile degli avvocati che chiedono la
reiscrizione. 
Sul piano pratico non sappiamo ancora quanto la sentenza delle Sezioni unite peserà. Infatti, in questo come in altre decine di casi l'Ordine aveva respinto la richiesta di riammissione nonostante fosse cosciente che la legge non prevede un termine minimo.
Ma in un certo senso gli resta il coltello della parte del manico: sarà sempre l'ordine a decidere se e quando la condotta dell'avvocato può dirsi così illibata da legittimare una riammissione.